Politica

Emma Bonino, raccontiamola giusta

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Negli ultimi giorni, si è parlato molto della possibilità di eleggere Emma Bonino a Presidente della Repubblica. Insieme agli attestati di stima pervenutile da diverse aree politiche e della società civile, sono cominciate a girare voci poco rassicuranti sul suo conto.

Primo tra i detrattori il nostro giornalista preferito, Marco Travaglio, con due articoli: “Si fa presto a dire Bonino” e “Madonna Bonino“. Articoli che hanno alimentato una serie di voci non confermate e luoghi comuni da sfatare:

Si è candidata con Forza Italia nel ’94 e nel ’96!

Questo è quello che dice Travaglio. Ed è falso. La Bonino, alle politiche del ’94, era candidata con la Lista Pannella, naturalmente. Pannella aveva trovato l’accordo con Berlusconi e la sua Lista era entrata a far parte del Polo delle Libertà a nord (non col Polo del Buon Governo a sud). Bonino fu quindi eletta nella coalizione…

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Economia

Area Euro, effimero equilibrio di diversità

unbalancedL’integrazione economica europea è una chimera a cui si è cercato di tendere, e che si sta rivelando un brutto incubo con l’acuirsi della crisi. Un sistema di economie eterogenee che competono tra loro e con l’estero ha bisogno di meccanismi di armonizzazione tali da evitare l’accumulo di squilibri e distorsioni, che normalmente si abbattono sulle componenti più deboli del sistema.

Immaginate una complessa architettura idraulica che gestisce e distribuisce risorse idriche a ad una rete di campi agricoli interconnessi. Se il sistema è uniforme, fluttuazioni cicliche o impreviste del livello dell’acqua si distribuirebbero uniformemente su tutto il sistema, garantendone un funzionamento ottimale e una tenuta robusta. Per contro, nel caso in cui parti del sistema fossero fossero malfunzionanti (argini deboli, valvole difettose, crepe), o semplicemente avessero caratteristiche diverse (diversa portata, diverse tecnologie di distribuzione, ecc.), una inondazione improvvisa avrebbe effetti diversi nelle varie parti dell’architettura, provocando forti inondazioni in alcune zone, e carenze in altre. Lo stesso risultato si verificherebbe se, in caso di carestie, un intervento della “provvidenza” facesse confluire grandi quantità di acqua per cercare di bilanciare la deficienza idrica.

Nell’Area Euro sta avvenendo esattamente questo. E a nulla sono serviti anni di piena consapevolezza del problema, da parte di accademici, tecnici e politici. Gli interessi particolari hanno posto veti incrociati alla risoluzione di problemi strutturali legati alla storia particolare di ogni stato membro. Le continue iniezioni di liquidità di Draghi stanno evitando che si cada in una carestia profonda, ma i meccanismi attraverso cui queste enormi quantità di denaro si distribuiscono nell’economia stanno creando squilibri sempre più evidenti.

l43-mario-draghi-120721153240_bigLo ripete incessantemente il governatore Draghi, che oggi durante un intervento all’università di Amsterdam ha ricordato che occorre far convergere tutti gli sforzi sul miglioramento della competitività, e quindi sull’economia reale. E in tempi brevissimi.

«La soluzione per la crisi è ritornare alla competitività». E «operando in un contesto di unione monetaria, l’unico modo per ritrovare competitività è perseguire in modo determinato e ambizioso un’agenda di riforme strutturali». Questa agenda deve prevedere «una serie di misure a livello nazionale con le quali si assicuri che i mercati del lavoro e dei beni siano pienamente compatibili con l’unione monetaria»

«L’erosione della competitività ha comportato l’emergere di ampi deficit delle partite correnti e, per alcune, l’accumulo di consistenti posizioni debitorie con l’estero». In alcuni casi, ha continuato Draghi, «l’aumento del debito estero è stato trainato dal maggior indebitamento del settore pubblico».

Condanna i ripetuti particolarismi dei decision makers europei:
«la lotta agli interessi di parte che ostacolano la concorrenza, alle debolezze strutturali della produttività, permettendo, quando è necessario, degli aggiustamenti nominali»

E sottolinea una delle conseguenze dell’eterogeneità del sistema economico europeo, ovvero lo squilibrio sul fronte dei prestiti alle imprese e sui tassi di interesse:
«Se le banche in alcuni Paesi non prestano a tassi ragionevoli, le conseguenze per l’Eurozona sono gravi»

Che ruolo avrà l’Italia nel processo di integrazione? Riuscirà ad aiutare se stessa? L’arsura del dibattito politico degli ultimi mesi non fa presagire nulla di buono.

Politica, Uncategorized

Logiche Casiniane

Camera - UDC - conferenza stampa CasiniDopo più di 40 giorni di silenzio, Casini esprime il suo pensiero sulla debacle elettorale che ha coinvolto il suo partito e l’esperimento Scelta Civica. In molti hanno visto nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera una riflessione profonda sugli errori commessi in campagna elettorale. Luca Sofri su Twitter ne elogia l’unicità della sua autocritica ().

Ma su cosa fa realmente autocritica Casini? Vediamone alcuni stralci.

(La colpa/merito della debacle del centro è di Grillo…)
«..il bipolarismo che io ho sempre combattuto, secondo me con buone ragioni, è stato messo in crisi non dall’irruzione dal centro, ma dall’esplosione di Grillo».

(…Ma anche un po’ di Monti… anzi no, è mia perché l’ho appoggiato)
«Non sono deluso da Monti, sono deluso da una scelta cui anche io ho concorso e che si è rivelata sbagliata. Io ne porto parte di responsabilità: non vado a emendare gli altri, emendo me stesso».

Riporto, infine, un passo che credo riassuma efficacemente, in raffinato e sfuggente politichese, il Casini pensiero.

Colpisce che proprio lei parli di collegi uninominali. Questo implica che il centro scelga dove andare. A destra o a sinistra?
«Il centro cos’è? Una cultura della responsabilità, che vuole le riforme mai fatte per i veti ideologici della sinistra e una certa incapacità della destra. Ora comincia una nuova stagione. È evidente che la prossima volta dovremo schierarci. Faremo una scelta coerente con l’idea che abbiamo della democrazia, dell’Europa, delle riforme sociali. Misureremo le alleanze sul grado di affinità che avremo nel processo costituente».

Ebbene, l’esperienza del terzo polo non ha funzionato, né con l’asse UDC-FLI, né con l’aggiunta di Monti. E non ha funzionato perché i voti non sono arrivati. Non si è vinto. Bene, “prendo atto” dice Casini, e la prossima volta mi alleo con una delle due parti con cui si può vincere. Di parole come vittoria, rivincita e sconfitta l’intervista è piena. Peccato che non c’è un solo accenno a proposte politiche. Non si è perso perché non si è riusciti a parlare con la gente, proponendo una propria ricetta per rivedere la socialità italiana. Oppure perché le idee prese in prestito (da Monti questa volta) non hanno funzionato (o non sono state capite, oppure ancora, come ritengo più probabile, sono state inficiate dal suo repentino snaturamento). Si è perso perché si è fatta una scelta di strategia politica sbagliata, salendo sul carro dei perdenti (lo so, sembra tautologico, ma non saprei come altro riassumere).

Ci si può davvero meravigliare se gli elettori dell’UDC hanno votato altrove, o deciso di votare l’originale (Monti), piuttosto che votare un partito vuoto, senza idee proprie? Ciò che davvero mi sorprende, però, è la persistente incapacità di non riuscire a leggere la voglia di cambiamento della gente. Che non si può banalizzare con il successo di Grillo.

Politica

Chi si siederebbe al tavolo da gioco con un baro?

Berlusconi PokerIl PD, e con lui tutto il paese, è di fronte ad una scelta dirimente: percorrere la strada stretta dell’intransigenza sulla composizione del governo, ovvero adattarsi a compromessi con il PDL pur di dare un governo al paese. La straordinarietà del periodo in cui si opera e il conseguente bisogno di dare risposte in tempi brevi, farebbero propendere per la seconda ipotesi. Precedenti di “grosse coalizioni” in Europa esistono (esempio di scuola è la Germania), e si sono rivelati piuttosto proficui nel far confluire energie più diverse verso obiettivi comuni. Pare che anche il Presidente della Repubblica ne sia convinto. Tuttavia, la singolarità del caso italiano non si esaurisce con il periodo storico-economico, ma è pervasa dalle caratteristiche degli attori politici chiamati a gestire l’empasse.

Il sistema politico italiano ha perso l’abitudine al dialogo e alla cooperazione. Un sistema maggioritario perverso ha distolto la propria ragion d’essere da meccanismo di governabilità, a leva per la prevaricazione degli interessi della maggioranza. A colpi di maggioranza sono state cambiate istituzioni importanti per la garanzia della vita democratica del paese, come la legge elettorale, riforma della scuola e università, giustizia. Tale “tirannia della maggioranza” ha separato i “designati” dai cittadini, e fatto perdere al Parlamento la sua funzione rappresentativa. “L’istituzione dei diritti”, scrive Ronald Dworkin, ” è cruciale perché rappresenta la promessa della maggioranza alla minoranza che la sua dignità ed eguaglianza saranno rispettate. Quando le divisioni tra i gruppi sono molto violente, allora questa promessa, se si vuole far rispettare il diritto, deve essere ancor più sincera”. Purtroppo, come riconosce Stefano Rodotà, questi principi non scritti, ma fondativi della città democratica, sono stati estranei al modo d’essere della maggioranza del centrodestra. Troppe volte si è cercato di erodere principi e diritti costituzionali in favore di personalismi o interessi di parte. Troppe volte, promesse elettorali o accordi programmatici sono stati sfacciatamente dimenticati e sbeffeggiati.

La sciagurata apoteosi è stata raggiunta con l’esperienza del governo Monti, a cui l’intera maggioranza si è dovuta affidare per risolvere una situazione che essa stessa ha contribuito a creare. Nemmeno in questa occasione si è riusciti ad abbandonare logiche di parte per contribuire alla creazione di basi nuove su cui ripartire. Sono state approvate all’unanimità provvedimenti che hanno acuito la pressione fiscale, soprattutto sulle fasce più deboli, ma non si è indietreggiato di un millimetro quando si è cercato di controbilanciare con misure su liberalizzazioni, lavoro, giustizia. Così come si è andati diritti alla sfiducia quando esigenze elettorali lo richiedevano.

“Ma chi mai accetterebbe di sedersi ad un tavolo da gioco insieme ad un baro, al tavolo di un ristorante dove il cuoco è un noto avvelenatore travestito da chef creativo?” Stefano Rodotà

Economia, Politica

Reddito di cittadinanza per rilanciare economia e abbattere debito

E se l’abbattimento del debito pubblico provenisse dalla ripresa strutturale dell’economia? Con il reddito di cittadinanza si può. Spieghiamo come finanziarlo, e quali effetti positivi su economia, occupazione, equità, emersione sommerso e riduzione del debito.

Uno dei problemi cardini dell’economia italiana è l’impoverimento progressivo di nuove generazioni e soggetti vulnerabili (famiglie a basso reddito con figli, impiegati e operai non specializzati). Disoccupazione, precarietà e contratti di lavoro con corrispettivi medio bassi stanno abbattendo la domanda interna e mettendo in ginocchio famiglie e imprese non esportatrici. Inoltre, questi problemi non fanno che acuire l’economia sommersa, che spesso viene utilizzata come ultima spiaggia per garantire forme precarie di sostentamento. Il reddito di cittadinanza può essere uno strumento efficace per dare una risposta a questi problemi. Al più che, alla maggior spesa iniziale, corrisponderebbero maggiori entrate erariali derivanti alla ripresa dell’attività economica “pulita” e dall’emersione di quella sommersa.

1) I beneficiari sarebbero, per definizione, soggetti a basso reddito che spenderebbero in consumi quanto percepito (propensione marginale al consumo è crescente al diminuire del reddito).
2) E’ possibile elargire il reddito di cittadinanza attraverso strumenti elettronici per loro natura tracciabili. Ciò migliorerebbe in maniera naturale l’emersione di parte dell’economia sommersa.
3) Il rafforzamento strutturale dell’attività economica che ne deriverebbe, darebbe un benefico impulso al mercato del lavoro, aumenterebbe le entrate erariali e ridurrebbe, a tendere, il numero di beneficiari del reddito di cittadinanza.
4) Le maggiori entrate fiscali provenienti dalla ripresa dell’economia, sarebbero indirizzate verso la riduzione del debito pubblico.
5) Una corretta formulazione delle regole per l’ottenimento del reddito di cittadinanza potrebbe agire da stimolo e incentivo ad aumentare il livello di istruzione della popolazione. Ciò migliorerebbe la competitività del nostro sistema produttivo e, in generale, il capitale umano del paese.

COPERTURA E SOGGETTI BENEFICIANTI
Ogni proposta è seria e valutabile fattualmente se è affiancata da indicazioni di copertura finanziaria. Innanzitutto, il reddito reddito di cittadinanza sarà devoluto a soggetti progressivamente più bisognosi, in funzione dell’entità del fondo di copertura. Ciò renderebbe economicamente sostenibile la proposta e farebbe si che i conti pubblici siano preventivamente messi in sicurezza. In fine, sarebbe possibile prevedere livelli diversi del quantum, in funzione del livello di istruzione del soggetto in modo da stimolare la formazione e il capitale umano dei cittadini.

La prima componente del fondo di copertura deriverebbe dalla messa a reddito dei 543.000 immobili pubblici (fonte ilSole24Ore), da cui potrebbero ragionevolmente derivare 15 miliardi l’anno (stima conservativa).
La seconda componente è da ricercare nella riduzione dei costi di funzionamento della pubblica amministrazione: 2 miliardi l’anno dall’abolizione totale delle province (stima Istituto Bruno Leoni), 200 milioni da riduzione numero di parlamentari, abolizione privilegi (es. mensa quasi gratuita, auto blu, servizio dentistico e medico, indennità di trasferta).
La terza componente, potrebbe risultare da tasse di scopo e liberalizzazione controllata di attività border line come il gioco d’azzardo (casinò e poker a terra, 200mln circa, su stima comparata gettito altri giochi legalizzati), prostituzione (300 mln circa, prendendo a riferimento la Germania).
La somma delle tre componenti proposte fa 17,7 miliardi, che darebbe la possibilità di elargire il suddetto reddito per 1,5 milioni di persone (il totale dei disoccupati ammonta a 2,9 milioni nel novembre 2012). Ovvero, 1000 euro netti al mese. A cui aggiungere gli 11 miliardi (Inps, dati 2011) che lo stato già offre sotto forma di cassa integrazione, assegni di mobilità e indennità di cassa integrazione. Tale importo può essere incrementato con la creazione di iniziative atte a ridurre la disoccupazione strutturale (liberalizzazioni).

Politica

Programma (brochure) di Bersani: Economia e Lavoro

Pierluigi Bersani

A quanto ne sappiamo, al momento in cui si scrive il programma di Pierluigi Bersani è una brochure… Bella, colorata, ma una brochure. Difficile darne un giudizio ragionato, si leggono slogan pienamente condivisibili, nulla di più. Nessun accenno a politiche concrete di realizzazione dei proclami di cui la brochure è piena, né ad analisi di fattibilità economica.

Non c’è assolutamente accenno a come si intende gestire le politiche di rigore e abbattimento del debito, vera spada di Damocle sulle possibilità di manovra di politica economica. Non sappiamo cosa pensa Bersani e cosa intende fare sul tema delle liberalizzazioni, capitolo che, a costo zero, può dare una spinta alla crescita. E che la strana maggioranza Pd-Pdl ha bloccato e pesantemente modificato. Così come non sappiamo quali sono le intenzioni di Bersani sul costrutto istituzionale delle amministrazioni locali: intende mettere mano ai disastri che la riforma del titolo V (di cui, ricordiamo, il centro sinistra è stato compartecipe) ha causato?

Detto ciò, ci limitiamo ad elencare le idee principali verso cui il candidato Bersani ci chiama ad un vero e proprio atto di fede.

  1. Economia. Combinare rigore e cambiamento, risanamento e crescita, ma con più equità, più lavoro, più uguaglianza. Il nostro posto è in Europa, dove Mario Monti ci ha collocati.
    Come???
  2. Europa ed Economia. Per salvare l’Europa è necessario coordinare le politiche economiche e fiscali attraverso istituzioni comuni direttamente legittimate dalla popolazione tramite elezioni.
  3. Lavoro. Alleggeriremo il prelievo sul lavoro e sull’impresa, lottando contro l’evasione e spostando il peso del fisco sulla rendita e sui grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Contrasteremo la precarietà, cambiando le norme e rovesciando le politiche messe in atto dalla destra nell’ultimo decennio. Metteremo in campo politiche fiscali a sostegno dell’occupazione femminile, sradicando i pregiudizi circa la presenza delle donne nel mondo del lavoro. Sosterremo concretamente i nuclei famigliari e favoriremo una ripresa della natalità.
    Faremo, faremo, faremo… E’ ovvio che in una brochure onnicomprensiva non si può che essere generici, ma perché non un secondo documento più dettagliato e preciso?
  4. Sviluppo. L’unica possibilità che ha il nostro Paese di vincere la sfida della globalizzazione è tornare a puntare sull’eccellenza del Made in Italy. Siamo per una politica industriale che preveda e imponga il rispetto dell’ambiente. Immaginiamo un progetto ‒ Paese che individui grandi aree d’investimento, di ricerca e di innovazione nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi .
    Certo, ma come? Non posso pensare a parole più generiche e astratte. Che tipo di politica industriale intende perseguire? Come pensa di gestire il caso Sulcis e similari? Condivide le posizioni del suo responsabile economico, Fassina, che pensa di dover continuare a finanziare a fondo perduto attività in perdita da oltre 40 anni?
Politica

La primavera elettorale

Il periodo della campagna elettorale è diverso. Lo senti nell’aria, c’è qualcosa di impalpabile che sgretola i soliti equilibri e prepara il cambiamento. E’ un po’ come la primavera: l’indolenza, la calma e la noia dell’inverno è ormai alle spalle, ma l’attivo torpore dell’estate non è ancora maturo. In questo tempo di transizione, tutti si preparano come possono ad affrontare la nuova stagione: c’è chi si rifà il guardaroba, chi si sottopone a dure sedute di palestra per non sfigurare alla prova costume, chi sente il bisogno di fare qualcosa… ma non sa bene cosa. C’è addirittura chi, svegliatosi da un lungo letargo, ha così tante energie che pensa di dover fare questo mondo e quell’altro, quando viene l’estate. Lo racconta a tutti, è in piazza dalla mattina alla sera a promettere sogni…

 

Politica

Il Sitaxi, il Notav e altre storie di questi tempi

Maurizio GasparriCosa hanno in comune il Gasparri Sitaxi e i Notav (aggiungerei anche Notai e sottobraccisti vari)? L’espressione di un’Italia brutta, immobile, parziale, vecchia. Un modo di fare che ricorda quanto abbiamo consapevolmente deciso di lasciarci alle spalle quando abbiamo siglato, figurativamente,  il contratto sociale. In effetti, siamo il risultato di un processo evolutivo, e alcuni istinti di sopravvivenza, egoistici per definizione, ci sono così propri da rimanerci attaccati, pur nel “nuovo” set up sociologico scelto. E così l’uso della forza (fisica, sociale o finanziaria che sia) per far prevalere le proprie elitarie ragioni non è l’eccezione che conferma il nostro modo di organizzarci socialmente, ma la regola. Tanto che più di qualcuno pensa che sarebbe giusto rendere il tutto trasparente, regolamentandolo.

Certo, cosa ci sarebbe di male se le forze sociali, auto-organizzandosi, influenzassero la gestione della res publica, e quindi se stessi? Daltronde, si dice, sarebbe proprio dalla gestione della lotta tra le varie posizioni rappresentate che si raggiungerebbe una finalità sociale più amplia. Bene, ci sarebbe, e c’è, di male che così facendo non si andrebbe nella direzione di maggior efficacia sociale, ma di tutela degli interessi dei più forti.

Protesta TaxiChi ha rappresentato le reali esigenze dei lavoratori precari? Di certo non i sindacati, troppo presi ad arrocarsi su posizione sbilanciate verso i propri iscritti. Chi ha rappresentato i nostri interessi nel processo che ha visto trasformare a colpi d’accetta il decreto sulle liberalizzazioni? Forse i sottobraccisti vicini ai tassisti? O quelli dei farmacisti, dei notai, etc.? Pur essendo innegabili i benefici diffusi rispetto ai costi di pochi privilegiati, hanno vinto le lobby rendendo decisamente meno efficace il pacchetto.

Gli esempi si sprecano, e basta guardare a sistemi che da tempo si sono piegati a questa evoluzione della legge del più forte per intravedere dove siamo diretti. Siamo convinti di quello che stiamo (o non stiamo) facendo?

Società

Matthieu Ricard: l’uomo più felice del mondo

Matthieu RicardMatthieu Richard (nella foto a lato) dopo aver conseguito brillanti studi in biologia come allievo del premio Nobel Francois Jacob, dopo aver lavorato per molti anni all’istituto Parteur come ricercatore, nel 1972 si stabilisce in Asia per seguire l’insegnamento dei suoi maestri tibetani. Diventa monaco buddhista e… felice. E’ considerato l’uomo più felice del mondo.
Jean Francois Revel, Famoso filosofo agnostico e avverso ad ogni metafisica, è suo padre ed insieme hanno scritto un libro per raccontare come entrambi hanno vissuto l’esperienza di Matthieu e soprattutto alcune considerazioni e pensieri sul buddhismo.
Economia, Politica

Padoa Schioppa: ai tecnici le funzioni tecniche!

Tommaso Padoa SchioppaOggi ho assistito all’audizione del ministro dell’Economia Padoa Schioppa alla Camera dei Deputati sulla gestione della trattativa con Air France Klm. L’analisi è stata seria, ha toccato i punti critici della vicenda, ma soprattutto non è stata annacquata da affermazioni da campagna elettorale. Un’ulteriore evidenza della necessità di lasciare le mansioni tecniche ai tecnici!

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